Il missionario può declinare ancora, oggi, la propria identità in termini “geografici”? Gli “estremi confini della terra”, ai quali si sente personalmente inviato dal Signore, hanno ancora – nell’era della globalizzazione – una valenza… chilometrica? I confini da raggiungere e attraversare non sono oiuttosto quelli “antropologici”? Un gruppo in rappresentanza della Famiglia comboniana, trovando ormai vetusto il tradizionale “immaginario missionario”, si è messo a riflettere a fondo, attraverso ricerche, simposi a Limone sul Garda e con l’ausilio di teologi venuti da altrove, sul senso della propria vocazione nel contesto europeo e occidentale.
Mobilità umana, legge del mercato, questione socio-ambientale sono tra i principali segni dei tempi che sfidano i missionari ad adottare nuovi linguaggi, a “provocare” le comunità ecclesiali, a cercare nuovi paradigmi che non siano più quelli coloniali e piramidali. In altre parole, non si può più restare in Italia, in Occidente, per occuparsi esclusivamente di “animazione missionaria”, bensì per “essere” missione.
È insomma già in corso di definizione un vero e proprio “nuovo immaginario missionario”, che ha bisogno solo di essere riconosciuto e promosso. Perché più pertinente per il tempo che l’umanità sta vivendo. E più vicino, anche, a quello della chiesa nascente e subapostolica.
Contributi di: Benito De Marchi, Carmelo Dotolo, Sandro Gallazzi, Vicente Reig, Giuseppe Scattolin, Robert J. Schreiter, Joaquim Valente da Cruz, Santo Vicari, Maria Vidale, Alex Zanotelli, Fernando Zolli.
Fernando Zolli
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