Antonio Bargiggia: un nome che a molti può non dire granché. Un religioso italiano, impegnato in Burundi, cuore dell’Africa, una vita e una storia apparentemente anonime – come per migliaia di missionari e missionarie – lontano dai riflettori della cronaca e della notorietà. Fino al 3 ottobre 2000, quando fratel Antonio viene assassinato da alcuni balordi che volevano derubarlo. Ma era così povero che i suoi uccisori gli poterono rubare solo i sandali che aveva ai piedi.
Leggendo le struggenti e stupende lettere di fratel Bargiggia si entra nel mistero di una vita donata agli ultimi perché già offerta a Dio. Parlando del suo servizio nelle carceri di Bujumbura, Antonio scriveva: «In questo inferno mi sento a casa. Ringrazio Dio per questo inferno». Fratel Bargiggia incarnava quella «Chiesa in uscita e dei poveri» che papa Francesco sta indicando come il volto autentico della comunità cristiana. Era davvero un amico degli ultimi, capace di dire: «Amo i poveri come miei figli». Un missionario che osava queste parole: «Grazie Signore che non mi hai lasciato imborghesire». Ci lascia una testimonianza di servizio radicale agli altri in nome del Vangelo: «Il mio cuore è pieno di gratitudine».
Antonio Bargiggia, Giuseppe Caffulli
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