«Aveva fabbricato tutte le finestre, le lanterne, le vetrate, i candelabri e le croci di tutte le chiese». Per questo, scrisse Tiziano Terzani, il missionario fratel Felice Tantardini era «conosciuto da tutti», in Birmania, come «fabbro di Dio». Quanto al nome Felice, egli stesso lo aveva assunto a ideale della sua vita: «Sforzarmi di essere felice, sempre e a ogni costo, intento a far felici anche gli altri». Pronto a spostarsi, a piedi, da una missione all’altra perché tutti lo volevano, in missione è rimasto settant’anni.
Le sue memorie autobiografiche lo mostrano instancabile, tenace, fedele nel quotidiano, al servizio di chi aveva bisogno. Un santo, secondo la fama che tuttora lo accompagna e che sping e tanti a implorarne l’intercessione. Sempre armato di un «sorriso sereno», come di chi – disse il confratello padre Clemente Vismara, oggi beato – «è amico di Dio, amico degli uomini e nemico di nessuno».
Felice tantardini
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