Con la fine della guerra fredda, gli Stati Uniti smisero di sostenere i regimi autoritari in Sudamerica.
A livello continentale gli effetti devastanti prodotti dalla grave crisi economica degli anni ’80 e l’incapacità dei militari di elaborare una adeguata politica economica anticrisi, convinsero i vertici delle forze armate ad abbandonare il ruolo politico e a rientrare nelle caserme.
Un caso unico e sotto molti aspetti “anomalo” è rappresentato dal Perù. Qui il ritorno alla democrazia significò di fatto l’inizio di quella devastante e terribile stagione politica che il presidente della Comision de la verdad y reconciliacion, Salomon Lerner Febres, ha definito “il tempo della vergogna”.
Nel complesso e non sempre agevole passaggio dai regimi autoritari alla democrazia, le nuove classi dirigenti, democraticamente elette, hanno dovuto spesso fare i conti con pesanti e a volte ingombranti eredità storiche. Nella non facile transizione verso stabili sistemi democratici la società civile e la classe politica hanno sentito l’esigenza di un forte e immediato recupero della memoria storica, onde evitare che il naturale processo di normalizzazione relegasse nell’oblio il passato cancellandone la memoria e in un certo senso autorizzando una rimozione dalla coscienza collettiva di quanto accaduto.
Anche nel caso peruviano, la costruzione di una memoria, è stata assunta come elemento costitutivo dell’identità del nuovo stato democratico. Il bisogno di ricordare non ha soltanto significato riconoscere la dignità e i diritti delle vittime, ma ha rappresentato la conditio sine qua non per superare la pura logica della “punizione” e per intraprendere l’arduo cammino della “riconciliazione”.
Quest’opera di recupero della memoria storica è stata in più contesti possibile grazie all’istituzione di cosiddetti “Tribunali morali” o di “Commissioni per il recupero della memoria storica” che ricostruissero, attraverso indagini, documenti e testimonianze, quanto accaduto nelle vicende dei loro rispettivi Paesi.
Gianni La Bella
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